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ORIGINE DE' GIARDINI INGLESI.
Gl'Inglesi amano con passione il soggiorno della campagna, e
v'impiegano nell'abbellirla quelle somme, che generalmente le altre
nazioni dissipano nelle lor capitali. Non e in Londra, dove debbasi
giudicare della ricchezza, della magnificenza, e del buon gusto di
un Lord, ma bensi alla sua campagna, situata in provincia. Un clima
temperato, un paese generalmente ridente, e fertile, l'abbondanza che
regna ne' campi, una vita libera, ed agiata, la costumanza di reciproci
uffizj di famiglia, e d'amicizia, quella generale di soggiornarvi
nella piu gran parte dell'anno, ne formano le principali attrattive.
La situazione fisica dell'Inghilterra e un felice miscuglio di catene
di monti, e di montagne isolate, dolcemente elevate, e comodamente
praticabili, di valli, di fiumi, di cadute d'acqua, di boschi annosi,
e di praterie d'un'incomparabile verdura. Una vegetazione rigogliosa
senza confronto altrove, le acque le piu limpide, ed un non so che di
vario, di aggradevole, di romanzesco, e di superbo, che ad ogni passo
s'incontra, e si succede con tanto garbo, formano di molte provincie
dell'Inghilterra il piu seducente quadro, che scuote la mente, e le
inspira idee poetiche, e pittoresche. Non e meraviglia quindi se il
genio Inglese, rapito dalla bella natura campestre, che lo circonda,
immagino il primiero di staccarne le parti piu belle, e comporne un
tutto ideale, analogamente ornato, e reso piu vago dai doni dell'arte,
che colle reciproche relazioni acquistasse nuovo pregio, e valore,
e presentasse una successione saggiamente calcolata di quadri, e di
scene, ripiene di volutta, di comodo, di capriccio, e di grandiosita:
sostitui i tratti di paese campestre abbelliti, e scelti ai disegni
artificiosi degli antichi giardini, e ne introdusse per tal maniera de'
nuovi, e d'un tal genere, che divennero quasi altrettanti poemi, opera
del poeta, del pittore, e del filosofo.
Mentre gli scrittori delle altre nazioni tacevano, oppure magnificavano
l'antico stile, i Bretoni cominciavano a sviluppare a poco a poco ne'
loro scritti l'essenza dell'arte de' giardini. Francesco Bacone, che
sparse una nuova luce sulle scienze, fu il primo, che diffuse sopra i
giardini ancora una luce, tuttavia offuscata dalle antiche tenebre.
Esigeva per un giardino trenta jugeri di terreno, e lo divideva in
tre parti: uno spazio erboso all'entrata, un altro ripieno di cespuglj
alla sortita, ed il giardino propriamente detto nel mezzo, con viali,
e passeggi dalle due bande. Alla prima parte destinava quattro jugeri,
sei alla seconda, quattro a ciascheduno de' viali laterali, e dodici
al giardino di mezzo. Gli ornamenti, e gli arabeschi a diversi colori,
disegnati in terra sotto le finestre della casa, non sono, che giuochi
puerili, che si trovano pure, com'egli dice, su de' pasticci, e lo
stesso giudizio porta sulle piante acconciate in differenti figure.
Invece d una pianura esatta, vorrebbe che si elevasse nel mezzo del
giardino un monticello aggradevole alla vista, sormontato da un vago
padiglione, al quale si pervenisse per mezzo di due o quattro file
di gradini. Bandisce gli stagni, ed i canali d'acqua dormente, che
vuol che sia sempre in moto. L'invenzione capricciosa di slanciare le
acque in alto, e di farle artificiosamente giuocare, non aumenta a suo
giudizio ne la purita, ne la salubrita dell'aria, ne il piacere del
giardino. Lo spazio occupato dalla boscaglia vorrebbe che assomigliasse
a un sito piacevolmente incolto. In qua in la vi si potrebbero
frammischiare degli arbusti differenti con fiori odorosi; ma il
terreno lo vorrebbe coperto dappertutto di violette, di fragole, e di
primevere, che esalano grato odore, e prosperano all'ombra. I boschi
non dovrebbero offrire un ordine preciso, ma delle picciole eminenze
d'intorno, sparse di fiori varj, e d'arbusti odoriferi. Raccomanda gli
alberi da frutta, e de' sentieri comodi, ed asciutti, che si diramino
in tutti i sensi. Nel fondo del giardino, continua l'autore, si
potrebbero praticare da due lati de' piccioli ridossi, da dove l'occhio
potesse liberamente percorrere le vicine campagne. Nello spazio, da
lui chiamato giardino, i viali saranno larghi, e guarniti d'alberi
fruttiferi, e vi vorrebbe pur collocati de' seminarj di consimili
piante, e dei vaghi gabinetti artificiali di verdura, con sedili.
Ma non bisognerebbe poi tanto, soggiugne egli, accumulare questi
oggetti, dovendo il giardino, propriamente detto, rimaner libero, ed
aperto alla maggior circolazione dell'aria; l'ombra e da cercarsi ne'
viali laterali, non dovendo, a parer suo, servire il giardino che per
le stagioni temperate di primavera, e d'autunno, e per le ore della
sera, e del mattino d'estate. Delle passeggiate prolungate su' colli
sarebbero avvantaggiose, se la natura le fornisse.
Per quanto sieno coerenti le osservazioni, ed opportune le domande di
Bacone, sono tuttavia frammischiate da alcune, direttamente opposte
al buon gusto in fatto di giardini; tale e la forza della moda,
che soggiogo pure questo grand'uomo. Approva la forma quadrata, le
arcate di legno sormontate da picciole torri, che cattivi ritengano
gli uccelli, ed ornate di figure dorate, e di strette lamine di
vetro colorato; loda le colonne di legno, e le piramidi della stessa
materia, le vasche regolari, ornate di figure, e di vasi. Finalmente
determinando un modello stabile, ne limita lo stile, cio che non si
accorda punto colla varieta naturale degli spazj, e colla fertilita
del genio creatore. Tuttavia Bacone non si accontenta di passare per
profeta d'una scienza non ancor nata; ei non solo predice, comincia a
creare.
Questa medesima bellezza campestre, che avrebbe mai sempre dovuto
regnare nei giardini, fu in seguito descritta da Milton nel suo
paradiso, ossia giardino di Eden. ?La natura aveva prodigate delle
bellezze innumerevoli sulle montagne, e nelle valli. Le sue ricchezze
erano sparse con profusione nelle campagne, che il sole liberamente
riscalda co' suoi raggi, e nei verdi folti, che una impenetrabil ombra
rende cotanto vaghi nell'ardore del giorno. Questa felice abitazion
campestre era mirabilmente variata pel piacere degli occhj. La voi
trovavate de' boschi, i cui fronzuti alberi distillavano la mirra,
ed i preziosi balsami: qui ne vedevate degli altri, che coi loro
frutti lucenti, e saporiti incantavano l'occhio, ed il gusto. Tutte
le meraviglie, che la favola attribuisce al giardino delle Esperidi,
s'incontravano realmente in questo giardino di volutta. Fra gli
alberi sorgevano spazj ridenti, deliziose colline, ripiene d'armenti,
che l'erbe tenere ne pascolavano. Qui una leggiera eminenza coperta
di palme, e il seno fiorito d'una valle, irrigata da ruscelletti,
offrivano mille bellezze, e cola cresceva la rosa senza spine. Le
opache grotte disponevano freschi ricoveri, tappezzati di pampini,
che s'affrettavano di sporgere i porporini grappoli, e che vi si
avviticchiavano con una mirabile fecondita. I ruscelli con grato
mormorio cadendo al lungo delle colline, ramificavano al piano, ed
andavano formando uno stagno, la cui superficie presentava il suo
specchio cristallino alla verdura delle sponde d'intorno coronate di
mirti. Gli augelli formavano un coro ripieno di melodia, e gli zeffiri
portando con essi i profumi de' campi, e de' boschi, mormoravano tra
foglia e foglia soavemente agitata?.
I poeti di tutte le eta, e di tutte le nazioni hanno dovuto tenere un
consimile linguaggio descrivendo de' giardini, giacche qualsiasi altro,
e quello sovratutto della moda vi si ricusava; ma la voce di questi
araldi del buon gusto non pote per questo dissipare gl'inveterati
pregiudizj del lor secolo.
Comparve Lord Temple. Assicura egli che in nessun altro tempo in
Inghilterra vi fu maggior inclinazione pei giardini che nel suo;
che giammai non vi si sono mantenuti meglio, e che in nessun altro
paese potevano essere altrettanto belli che nella sua patria. Esige
quattro cose per un giardino: frutta, fiori, ombra, ed acque. Vicino
all'abitazione vuole un tappeto d'erba fregiato di fiori, ed in
mancanza di fiori, dei getti d'acqua, de' vasi, delle statue; nello
spazio che segue, la cinta dovrebbe essere tutta scoperta, e senz'altri
alberi, da quelli infuori, che vi si dispongono in ispalliera, ma poco
elevata. Supponendo che questo spazio occupasse due terzi del giardino,
si potrebbe guarnire il resto di piante da frutta, a meno che non si
preferisse, per procacciarsi dell'ombra, piantarvi un boschetto. Fin
qui tutto e bene, o almeno sopportevole, atteso il gusto del secolo. Ma
inoltre vuole il Lord un quadrato perfetto, perche dice esser quella
la forma piu conveniente ad un giardino, ed esige un terreno piano,
o leggiermente inclinato. Cita per modello il giardino di Moore, il
piu bello, che dice aver veduto in Inghilterra, ed altrove. Nel mezzo
d'una vasta terrazza, tutta ricoperta di sabbia, e circondata d'allori,
sorgeva un gran palazzo. Tre scalinate spaziose di pietra, l'una nel
mezzo, e due laterali, conducevano ad un ampio spartimento. Le fontane,
le statue, le arcate verdi, e di sasso, i padiglioni, le grotte con
acque spruzzanti non vi mancavano. Ecco come pretende, che andassero
formati i giardini, che se piu fossero regolari, piu riuscirebbero
belli. Cio non pertanto una debil luce traspariva attraverso di tanti
pregiudizj. Vi puonno essere de' giardini irregolari, soggiungeva
Temple, che non saranno per questo che piu belli, e piu aggradevoli; vi
bisogna per tal effetto una vantaggiosa situazione, e quanto basti di
arte, e di travaglio per dare alla loro irregolarita una forma atta a
piacere. Rigettava altresi i muri nudi, de' quali per costumanza antica
si circondavano i giardini; o li voleva rivestiti almeno di verde,
perche non producessero una dispiacevole sensazione. Fin qui arrivo
Temple.
Addisson gli successe, e per la forza de' suoi maschj giudizj, e del
suo gusto classico si avvicino maggiormente ad una certa perfezione;
cio che Pope aveva cercato di ottenere quasi nello stesso tempo pel
mezzo della satira, che sapeva cosi ben maneggiare.
Nacque in allora il principio della rivoluzione nell'arte de'
giardini. Addisson si mosse a mostrare dove consistono i veri piaceri
dell'immaginazione, e di la dedusse delle accurate osservazioni sulla
cattiva maniera, che dominava tuttora ne' giardini. ?Sosteneva che le
opere dell'arte paragonate a quelle della natura non puonno mai avere
quella vasta estensione, e quella immensita, che prestano un cosi
delizioso trattenimento allo spirito dello spettatore. Puo ben essere
un oggetto dell'arte delicato, e pulito al paro d'un altro di natura,
ma non sara giammai altrettanto augusto, ne magnifico nel disegno.
Ne' tratti grossolani, e negletti di natura vi ha sempre qualche
cosa di piu ardito, e che fa sentire di piu la mano maestra, che ne'
colpi di pennello piu delicati, e negli abbellimenti piu squisiti
dell'arte. Le bellezze di giardino, o di palazzo il piu superbo si
trovano rinchiuse in un piccolo cerchio; l'immaginazione le percorre
ben presto, e domanda qualche cosa di piu per soddisfarsi; ma ne' vasti
campi della natura l'occhio gira liberamente su tutte le parti, e si
pascola d'una infinita varieta d'immagini, senza essere astretto ad un
cert'ordine. Di vero noi non troviamo dilettevoli le opere dell'arte,
che in quanto rassomigliano piu a quelle di natura, ed in allora il
piacer nostro e prodotto non solamente da questa rassomiglianza, ma
altresi dal sentire che il modello e perfetto. In generale v'e nella
natura qualche cosa di piu grande, e di piu augusto, che in tutto cio,
che si vede fra le curiosita dell'arte; cosi tutte le volte che noi
la vediamo imitata in qualche modo, cio ne da un piacere piu nobile,
e piu rilevato, che quello che possiamo trarre dalle opere dell'arte
le piu fine, ed esatte. Una vasta estensione di terreno coperta da
un aggradevole miscuglio di boschi, di prati, e di cascate d'acqua,
che rappresentino dappertutto un'artificiosa semplicita, c'incanta
assai piu che l'eleganza ordinaria del piu sontuoso giardino. Perche
mai non si potrebbe fare di una possessione intera una specie di
giardino, arricchito di frequenti piantagioni, che tornerebbe al
profitto del proprietario, e al suo piacere? Una palude coperta di
salici, o un monte coperto di quercie, formano un oggetto non solamente
piu piacevole alla vista, ma piu utile all'interesse, che se si
abbandonassero alla loro naturale sterilita. I campi coronati da spighe
formano un vago prospetto, di maniera che se i viottoli, che si vedono
tra un campo e l'altro, fossero un po' piu elegantemente mantenuti, se
lo smalto delle praterie fosse ajutato da qualche leggiera addizione
dell'arte, e se le siepi fossero ornate d'alberi, e di fiori con
maggior cura, un uomo potrebbe fare un bel paesino del suo possesso?.
All'appoggio di principj cotanto sani, Addisson compose in appresso un
leggier quadro, ma vago, di un giardino conforme al suo genio, e alla
natura. Eccolo. ?All'intorno della mia picciola casa ho varj jugeri
di terreno, che chiamo il mio giardino, e che un abile giardiniere
non saprebbe come chiamare. ? desso una confusione, un'intralciata
mescolanza di ortaggio, di frutteto, e di giardino a fiori. I miei
fiori vi crescono in diverse parti colla piu lussuriosa abbondanza,
e sono cosi lontano da preferirne alcuno, che quando ne rincontri
ne' campi, e che mi piacciano, fisso a loro subito un posto nel mio
giardino. Diversi pezzi di terra sono smaltati di mille differenti
colori. Il sol metodo, che seguo, e di radunare nel medesimo sito
il prodotto della medesima stagione, affinche sbucciando tutti nello
stesso tempo, compongano un quadro piu variato, e ricco. Una consimile
irregolarita regna nelle mie piantagioni, che crescono con tutta la
selvaggia liberta della natura. ? divertente per me di passeggiare in
un labirinto, che ho piantato, e di non sapere se il primo albero,
che incontrero, sia un pomo, una quercia, un olmo, od un pero. Il
mio verziere ancora ha il suo posto determinato, e sono di sentimento
che un verziere e piu aggradevole alla vista, che una citroniera, o
una serra. Amo vedere ciascheduna cosa nella sua perfezione, e mi
compiaccio di piu della vista, e dell'odorato delle mie ajuole di
cavoli, e di legumi, e d'una infinita d'erbe utili, che vengono a tutta
maturita, che di vedere delle piante esotiche, delicate, sforzate da un
calore artificiale, tisiche, e languenti in un clima, e in un terreno,
che non sono il loro. Nell'alto del mio giardino sgorga un fonte, da
cui deriva un ruscelletto, che serve al piacere, ed all'utilita del
sito: l'ho talmente diretto, che serpeggia d'intorno a quasi tutte
le mie piantagioni; scorre, come farebbe in piena campagna, fra rive
coperte di primevere, di amaranti, e di rose, che sembra d'aver egli
fatto nascere. Come il mio giardino attira gli uccelli delle campagne
all'intorno, offrendo loro dell'acqua, dell'ombra, della solitudine,
e de' ricoveri, cosi non permetto che sieno distrutti i loro nidi,
o discacciati dai siti, che frequentano nel tempo della frutta. Amo
ancor piu avere il mio giardino pieno di merli, che di cerase, e dono
volontieri della frutta per sentire il canto. Con questo mezzo godo
sempre della musica la piu perfetta della stagione; e son ben contento
di vedere il capinero, ed il tordo saltellare ne' miei sentieri, e
traversar volando i viottoli, ed i siti, ch'io stesso percorro. Tutte
le mie opere sono rustiche, come natura, e non affettano punto la
delicatezza dell'arte...?.
Simili rischiarimenti d'un Addisson sulla disposizione de' giardini,
gustati da tanti suoi lettori, eccitare dovevano la nazionale
industria; e cominciossi di fatto a porre in opera simiglianti idee.
Il passo piu considerabile, che si fece verso i miglioramenti, che ne
vennero in seguito, fu d'abbattere i muri, che servivano di confine ai
giardini, e di sostituirvi de' fossi vuoti. Questo tentativo sembro in
allora cosi sorprendente, che il popolo chiamo questi fossi AH! AH! per
esprimere la sorpresa, che risentiva di vedersi bruscamente arrestato
d'una maniera tanto inaspettata. La coltura, e il terreno d'intorno
al di la del fosso dovette in appresso fondersi, per dir cosi, nello
stesso quadro del giardino, e questo rimaner libero dall'angustia del
luogo, e dalla soverchia sua regolarita, affine di accordarsi meglio
col paese all'intorno.
A quest'epoca comparve Kent, uomo d'un genio grande, e d'un gusto
delicato, che verso la meta del decorso secolo, poste da banda tutte le
antiche regole, sembro sorger creatore d'una nuova arte di giardini.
Abbandono la regolarita ordinaria, che ben conobbe quanto stancava,
ed infastidiva. Osservo che la natura non ama la simmetria, che ne'
piccoli corpi, e non gia ne' larghi tratti di terreno, e ch'essa
dissemina nelle sue opere piu favorite la varieta, ed un bel disordine.
Senti le impressioni irresistibili, che producono sull'anima gli
oggetti grandi, e magici della natura, quando la loro disposizione e
libera, ed ardita; e senti che queste impressioni scuotono, ed occupano
assai piu, che tutte quelle, che cagionano le picciole costruzioni
eleganti. Scelse la linea curva, come la piu diversificata; diede a'
ruscelli, ed alle acque un corso tortuoso; cavo partito delle eminenze
senza spianarle; abbelli i boschi naturali senza distruggerli; antepose
un tappeto di verdura ad un terreno sabbiato; pratico una quantita di
sfondati seducenti; apri all'occhio una folla di lontananze; nobilito
i boschetti, collocandovi delle fabbriche; in una parola, Kent trovo
l'arte de' giardini ove la cercava, cioe nella natura. I suoi disegni,
e piani furono adottati dal gusto de' suoi nazionali con entusiasmo;
e l'arte de' giardini progredi in Inghilterra con una rapidita
sorprendente verso la sua perfezione dal momento che fu affidata
cola al buon metodo. I gran principj di Kent furono la prospettiva,
e l'intelligenza del chiaroscuro. Divideva con gruppi d'alberi una
pianura troppo semplice, o di troppo estesa, ed ammorzava la sua
luce troppo viva colle tinte cariche di piante sempre verdi. Mancando
l'orizzonte d'oggetti, onde animarlo, ne ideava degli artefatti, che
formassero perspettiva. Le fabbriche, i siti di riposo, i templi erano
piuttosto l'opere del suo pennello, che del suo compasso. Kent ebbe de'
successori, che trascorsero la strada, ch'egli aveva aperta. Comparvero
successivamente de' trattati giudiziosi, ed estesi, consacrati all'arte
de' giardini. Fra gli autori, che se ne sono occupati, i piu distinti
sono Home nella celebre sua opera sopra gli elementi di critica, e
Vhately nelle sue osservazioni sopra l'arte de' giardini. Il primo non
ne parlo, che in forma di digressione, e per fare delle applicazioni
de' principj, che stabilisce. Benche diverse delle sue proposizioni
sieno nuove, e giudiziose, altre pero sono compassate con soverchia
minuzia sopra principj generali in modo che non sembra potersene far
quel conto, che altri hanno preteso. Vhately considero l'arte de'
giardini sotto un punto di vista piu vasto ancora; la risguardo come
l'arte di abbellire de' paesi interi. Nessuno de' suoi compatriotti
prima di lui aveva esaminato questo soggetto con una penetrazione
altrettanto viva, ed in una estensione cosi ardita. La sua critica
sul bello e profonda; i suoi principj sono dedotti, e sviluppati ad
evidenza: si potrebbe chiamarla la metafisica de' giardini. Ma la
metafisica sola soventi volte nuoce al sentimento, ed effettivamente
sembra che Vhately lo abbia troppo poco calcolato. Abbiamo in questo
genere una folla di scritti, e ne sortono oggigiorno presso le altre
nazioni[1].
Chambers, architetto del Re d'Inghilterra, che riunisce ad una vasta
erudizione un genio, ed una sensibilita squisita, e quegli che ha data
l'ultima mano all'arte de' giardini Inglesi, portandoli, diro cosi,
all'ultima perfezione, e spingendoli oltre la sfera dell'immaginabile.
Al suo ritorno dalla China Chambers aveva osservato che nella sua
patria non si osava abbastanza distaccarsi dall'antico stile; che vi
si mancava d'invenzione, ed erano soggetti gl'Inglesi a dare nelle
stravaganze ogniqualvolta tentavano de' nuovi saggi; vedendo che
tutte le belle arti avevano de' maestri, frattanto che quella sola de'
giardini rimaneva orfana, e priva di chi ne facesse valere le doti,
trovo nel suo spirito, e nella brillante sua immaginazione delle idee,
che credeva piu convenienti
alla natura, ed alla destinazione de' giardini di quelle, che
d'ordinario si seguivano; in conseguenza giudico che siffatte idee
ecciterebbero piu l'attenzione, e sarebbero state meglio accolte
da' suoi compatriotti, se attribuite ad una nazione lontana, che le
avesse di gia messe in pratica; quindi pubblico la celebre sua opera
intitolata: DISSERTATION ON ORIENTAL GARDENING, dove probabilmente
semina delle idee Inglesi, e forse le sue in un suol Chinese[2],
affine di prestar loro un'apparenza piu forte, e di renderle vieppiu
seducenti.
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE
L'uso dei funghi come cibo data da antichissimo tempo. I Greci e i
Romani, come rileviamo dalle opere di Ateneo, Ippocrate, Teofrasto,
Dioscoride, Plauto, Orazio, Ovidio, Celso, Apicio, Plinio ecc.
consideravano i funghi come un alimento salubre e squisito; se ne
servivano a preferenza come condimento delle loro vivande; ed Apicio, il
piu celebre gastronomo dell'Impero romano, nella sua opera _De re
culinaria_ dava i principali precetti sul modo con cui dovevano essere
preparati.
La cognizione pero che si aveva di questi esseri curiosi era soltanto
empirica, e percio non si sapeva sempre distinguere fra le specie buone
e le dannose, per cui succedevano frequenti casi di avvelenamento, e la
storia ne registra anche di celebri. Ippocrate ci narra l'avvelenamento
per funghi della figlia di Pausania, il celebre spartano vincitore di
Platea, Tacito e Svetonio commemorano la morte dell'imperatore Tiberio
Claudio, causata da una pietanza di funghi, e Seneca quella di Enneo
Sereno prefetto delle guardie dell'imperatore Nerone.
Cotesti dolorosi accidenti, che si moltiplicarono anche nei secoli
posteriori, richiamarono l'attenzione dei naturalisti, i quali,
specialmente nei due ultimi secoli, si diedero con amore allo studio di
questa classe di piante onde togliere tali inconvenienti. E diffatto
d'allora in poi furono pubblicate moltissime opere, specie nel nostro
secolo, sui funghi mangerecci e venefici, ed ora si puo dire che ogni
nazione possiede dei lavori sotto questo aspetto abbastanza perfetti,
che possono soddisfare a tutte le esigenze di chi desidera cibarsi di
questo importante alimento vegetale.
Nella nostra favella pero un'opera abbastanza generale e nel medesimo
tempo breve e chiara, adattata alla intelligenza di ognuno, non la
abbiamo[2]; anche quella del d.r Carlo Vittadini[3], che e certamente la
migliore, e troppo speciale e scritta con soverchia prolissita da
stancar pure chi voglia correre dietro ai piu minuti dettagli. Laonde,
avuto anche riguardo ai funghi che da noi crescono piu copiosi che
altrove per essere utilizzati, ho pensato bene di far cosa vantaggiosa
col dare alla luce il presente lavoro, in cui vengono illustrate tutte
le specie mangerecce che si possono raccogliere in abbondanza dovunque
in qualche localita. I disegni illustrativi sono tratti dal vero colla
piu possibile esattezza, e nella compilazione del testo si procuro di
congiungere la brevita alla chiarezza, onde ciascuno, senza troppo
dilungarsi, possa conoscere facilmente le singole specie quando ne fara
la raccolta. Aggiungo pure l'illustrazione delle specie piu pericolose e
piu frequenti dei funghi velenosi per togliere, col confronto, qualsiasi
confusione ed assicurarsi cosi dal pericolo di avvelenamento. Per la
intelligenza dei termini necessari alla descrizione premetto alcuni
cenni generali sui funghi, indicando inoltre alcune norme per la
raccolta e la cucinatura dei medesimi.
[2] Durante la stampa del presente Trattato si pubblico nei
_Manuali Hoepli_ un'opera con 43 tavole e incisioni del D.r Fr.
CAVARA che e molto pregevole si per il testo che per le
illustrazioni.
[3] _Descrizione dei funghi mangerecci piu comuni dell'Italia
ecc._ Milano, 1835.
Rendo poi pubbliche grazie alla chiar. signora baronessa Giulia
Turco-Lazzari che gentilmente mi favori dalla sua bellissima collezione
d'acquarelli i disegni di parecchie specie che io non aveva avuto
l'opportunita di dipingere. Quali sieno e indicato a pie' di ogni
tavola.
_Trento, nel novembre 1899._
SAC. G. BRESADOLA